La Cina, con i suoi 130 GW di potenza fotovoltaica installata, è attualmente il più grande consumatore e produttore mondiale di energia da fotovoltaico ed è un avamposto di enorme interesse per quanto riguarda la transizione energetica e la decarbonizzazione. Entro il 2030, infatti, i report più accreditati stimano che la capacità fotovoltaica totale del Paese asiatico raggiungerà i 400 GW, garantendo almeno il 10% dell’energia primaria nazionale prodotta. Nel 2018, per il quarto anno consecutivo il dragone ha fatto la parte del leone sul mercato globale dell’energia rinnovabile e non vi è alcun dubbio che continuerà ad esserlo anche nel 2019.
Al netto di questi dati incoraggianti, l’altra faccia della medaglia mostra un Paese la cui principale fonte di energia primaria impiegata per la generazione di elettricità rimane saldamente il carbone, contribuendo per più del 72% alla produzione totale secondo l’International Energy Outlook della Energy Information Administration (EIA). La Cina in effetti risulta essere anche il maggiore consumatore (e produttore) al mondo del combustibile fossile per eccellenza, e soprattutto il primo fruitore in termini assoluti di elettricità “coal-derived”, ovvero prodotta con centrali termoelettriche alimentate a carbone (la meno efficiente e più inquinante risorsa energetica disponibile in natura).
Un nuovo studio su Nature Energy ha cercato di quantificare gli effetti dell’inquinamento – dovuto principalmente al peso del carbone nell’energy mix – sulla generazione di energia elettrica potenzialmente erogabile dal parco dei pannelli fotovoltaici del Paese, lungo un arco di tempo che parte dal 1960 ed arriva al 2015. I risultati mostrano una diminuzione media della produzione tra l’11 ed il 15% nel corso del periodo di osservazione considerato.
L’indagine si basa sull’elaborazione dei dati ottenuti da 119 stazioni di misurazione della radiazione solare presenti sul territorio, incrociati con le concentrazioni di black carbon e di biossido di zolfo (SO2) per assicurare che le eventuali riduzioni della produzione fossero effettivamente attribuibili all’inquinamento atmosferico e non ad altre forzanti: “Abbiamo scoperto che, solamente tornando ai livelli di qualità dell’aria del 1960, la produzione elettrica da fotovoltaico aumenterebbe del 12-13% e si ricaverebbero almeno 14 TWh di energia prodotta in più considerando la capacità installata al 2016, che diventerebbero 51-74 TWh con la capacità stimata al 2030”, sottolinea Bart Sweerts dell’Istituto delle Scienze Atmosferiche e Clima di Zurigo, lead-researcher dello studio.
Questi studi sono importanti per farci capire quanta strada c'è ancora da fare, tutti noi possiamo fare la nostra parte, cosa c'è di meglio di risparmiare sulla bolletta e rispettare il pianeta producendo energia pulita.
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Fonte: rinnovabili.it
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